I Galilei


A chi ha seguito nell'ultimo anno e mezzo la mia rubrica di narrativa "Musica&Vene" sulle pagine del Mucchio, potrà interessare la bella novità iniziata con questo numero di Gennaio.

I Galilei sarà un romanzino in 12 mesi che prometto di portare a termine. Un episodio al mese, una storia sola, un po' fantastica e un po' no. Se volete già c'è, in edicola o sul web (puoi acquistare la rivista in pdf su www.ilmucchio.it).
E' una cosa che avevo nel cassetto da qualche tempo e a cui faccio prendere aria al semplice scopo di scoprire da voi se è bella e se piace. Mi direte dunque cosa ne pensate, del signor Galileo, del suo cane Galileo e del misterioso uomo che parlava senza virgole. Buona lettura.

In medio stat

Benissimo: che la cosa non piaccia ai moderni James Dean, agli Oscar Wilde che la vita la bevono tutta in un sorso, lo so. Lo so bene, io che ancora non ho deciso se essere un Oscar Wilde o un Seneca. Eppure, puntuale, con una certa cadenza, torno a ripensare all'epitaffio che tutti i moderati vorrebbero sulla tomba: "In medio stat virtus" (un concetto che già i greci avevano espresso con il celebre "medén àgan"). La virtù sta nel mezzo: un insegnamento degli antichi, inapplicabile a volte, in altre fin troppo comodo alibi alla propria paura di osare. Però: ragionavo su questo pensando a quanto può essere utile, a volte,  il conclamato sano distacco. La misura, in definitiva. Una misura che spesso non rispettiamo, e che altrettanto sovente porta ricadute negative su noi stessi o, più che su noi stessi, sul campo che ci siamo preposti di coltivare. 
Leggete queste righe. Qui il campo è l'editoria o più in generale la cultura, e le parole sono di Dario Morgante, direttore artistico di Castelvecchi. Le traggo dal numero di novembre del "Mucchio".

Lo sfruttamento editoriale è legato al vincolo culturale per il quale le persone "credono" nell'editoria come un processo per la creazione di valore aggiunto. Hanno letto e amato i libri, è stato detto loro che i libri in qualche modo hanno una forza, un peso. Il governo indice giornate, settimane e anni a favore di libri e lettura, ma non rovista nelle pieghe dello sfruttamento editoriale. E' un corto circuito, un settore funestato dalla fede cieca nella cultura. E spesso gli editori ci marciano perché sono imprenditori collocati in un contesto neoliberale. La regola dice di abbattere i costi della forza lavoro, e loro lo fanno. Lo fanno tanto perché i lavoratori dell'industria culturale sono avvelenati da se stessi. Gli piace proprio non dormire la notte per fare una correzione di bozze. E' questa la vera singolarità del precariato editoriale.

Ecco. Sano distacco. A volte l'amore per qualcosa passa anche dal no, dal porre dei paletti lì dove l'eccessiva e quasi fanatica dedizione arriva a soffocare l'oggetto stesso del nostro amore. Aspiranti scrittori che cedono a qualsiasi compromesso per vedere soddisfatto un sogno o una vanità, addetti del settore che fanno tutto gratis o quasi. Se vogliamo bene alla cultura trattiamola da ragazza cresciuta, e non da bambina che non può fare a meno delle nostre cure cieche e spassionate. Altrimenti qualcuno poi se ne approfitta.