Provviste #24 - Lettera del Vampiro (alla Vamp)



Da quando è uscito lo scorso 25 novembre (e non è un caso, visto che in quella data si celebra la giornata mondiale controla la violenza sulle donne), il video di Marcondiro, artista e cantautore romano di finezza ed esperienza, ha fatto parlare di sé. Lettera del Vampiro (alla Vamp), brano che anticipa l'uscita del suo prossimo disco, è a tutti gli effetti e per stessa ammissione dell'autore, "un'ironica invettiva contro la misoginia". Del suo ritornello - "Se ti viene voglia di amare qualcuno, uccidilo: è il tuo vampiro" - si è già chiarita altrove la valenza metaforica, ironica e volutamente irriverente (per esempio su L'Huffington Post).
Quello che non dovrebbe passare inosservato è però il valore culturale dell'operazione svolta da Marcondiro. Riprendere una vecchia lettera di Antonin Artoud e trasformarla in canzone non è una cosa da poco. Soprattutto perché significa scommettere su uno dei geni artistici più oscuri ed enigmatici del '900.

Attore, commediografo, regista e scrittore, Artaud fu maestro di quello che ancora oggi viene definito "Teatro della crudeltà", dove per crudeltà non si intende dolore o violenza ma catarsi. Per poter giungere ad essa è necessario ricorrere a tutto ciò che possa disturbare la sensibilità dello spettatore, provocando in lui una sensazione acuta di disagio interiore. Disagio che abitò in Artaud fin dalla gioventù: vittima da bambino di una meningite, ebbe seri problemi neurologici che lo portarono poi, tra le altre cose, alla dipendenza da droghe e alcol. Nel febbraio 1945, a Rodez, nell’Istituto Psichiatrico in cui era ospite da circa due anni, Antonin Artaud comincia a riempire dei quaderni «di appunti sulla letteratura, la poesia, la psicologia, la fisiologia, la magia, la magia soprattutto», quasi senza interruzione, fino alla morte, ad Ivry-sur-Seine, il 4 marzo 1948. La sua vita era stata segnata da otto anni d’internamento coatto, una cinquantina di elettroshock, “succubi e supplizi” d’ogni tipo e dalle tappe di un delirio sempre piú intenso.

In un'esistenza del genere, quale spazio per l'amore? Quale voce dare a ciò che potrebbe rivelarsi fonte di altre sofferenze?
In una delle sue lettere Artaud dichiara di volersi tenere alla larga dalla passione travolgente, da quel sentimento "forte e incontrollato" di fronte al quale teme di essere ancora vittima. Meglio immaginare un rapporto di coppia statico, che non mini la tranquillità del quotidiano: è il compromesso di un Amore-materasso sopra cui adagiarsi e sotto cui nascondere velleità e chimere. Ma è così - rinunciando alla sua forma più pura e ardente - che l'amore si trasforma in terreno di violenza e alienazione.

Marcondiro traduce tutto in chiave contemporanea: al centro del suo video compare una coppia fiacca e insofferente, dove lui, pigro ed irriverente, preferisce guardare film pornografici piuttosto che dare attenzioni a lei che lo stuzzica e lo provoca senza successo. E' la fiera della vacuità, dell'anti-amore che diverte e ammicca (l'arrangiamento moderno e un'estetica vintage sono a tal proposito più che funzionali, ma vero linguaggio nel linguaggio). E il Vampiro da uccidere? Il Vampiro è metafora di ciò che impedisce il sentimento vero: quella parte di noi che non vuole cambiare né tendere verso l'altro, così come l'altro quando si approfitta di noi per soddisfare il proprio ego.

Nessuna violenza vera, ovviamente. Solo ricerca di significati e sperimentazione di un nuovo linguaggio. Quel linguaggio che Artaud ha indagato così insistentemente da rimetterci la vita: un linguaggio assoluto, sganciato, folle, nuovo, catartico. Il linguaggio di una lettera d'amore scritta e buttata infinite volte.


Il sito dell'artista: www.marcondiro.it