Per gli stendardi di Claudio

Portava il bastone, l'ultima volta. Problemi all'anca, si sistemeranno, diceva. Poi ho saputo che era malato, mi dicevano che era sereno, e ci credevo. Claudio si era costruito un'anima, e questo glielo invidiavo. Ci siamo conosciuti di persona nella sua Sardegna, parlavamo del nostro Demetrio Stratos. Mi diceva che aveva registrazioni ancora inedite, di lui e Demetrio, fatte nel suo appartamento di Milano tanti anni prima. Poi a tarda sera mangiavamo kebab nel centro di Cagliari e lui mi raccontava della sua radio in Nepal. Io ascoltavo, ascoltavo, già mi immaginavo quella storia messa in un libro, il titolo poteva essere "Una radio sul tetto del mondo". Facciamolo, ci eravamo detti. Qualche telefonata, addirittura una proposta a un editore, poi nulla, come capita. Ricordo anche un'intervista che avevo rilasciato a un quotidiano: la giornalista mi chiese se avevo intenzione di andare avanti con le biografie musicali e su chi mi sarebbe piaciuto scrivere. Claudio Rocchi, avevo risposto, non so perché.

E' ancora giugno. Il mese in cui le anime leggere se ne vanno. L'ultima volta in radio presentavamo il suo ultimo disco da solista, "In alto". Avevo scelto di chiudere la puntata con il singolo, "Per gli stendardi", una cosa bella fin dal titolo.

Per gli stendardi da affidare al vento
per i motivi da trovare a pelle
per non morire in questi tempi duri
per accordarci prima di suonare
per mille navi senza neanche un porto
per chi sa ridere del proprio orgoglio
per non scordare quanto dura il tempo
per chi sta male come Dio comanda

E' il 18 giugno. Alla fine Claudio è mancato quando questi tempi sono ancora duri. Eppure lui sorrideva. E ciò che è leggero, si sa, può salire in alto.

Radio Lombardia, 18 gennaio 2012: Claudio, Mox e io