Aveva il nostro amore un potere terreno

La poesia greca contemporanea che con Katerina Anghelaki-Rooke (Atene, 1939) mi riporta alla grecità che non so mai descrivere, forse umiltà d'animo (che è ricchezza), e con essa il più umile dei sentimenti: la nostalgia. Come un vocabolario di parole strozzate in gola, e il cuore che rallenta, guarda la strada, ci permette il ricordo.

Aveva il nostro amore un potere terreno;

rimanevano incantati gli uomini

quando camminavamo con passo lento

come trasportati da una barca

festa e canti.

Sciatti

con la lanugine della coperta

ancora sul collo

le nostre voci sembravano

i godimenti dello sciacallo e dell’usignolo

intrecciati nell’aria.

Conoscevamo le risposte

alle domande degli angeli sulle porte

quelli che stanno lì a custodire

il dolore terreno e quello

celeste rigorosamente separati.

(- Sì, rimarremo qui...

- Per quanto durerà...

- Ammiriamo la volpe che corre...

- Scriveremo poesie fino alla profonda vecchiaia

fino al grande dolore fisico...)


Raramente stringi tra le braccia

raramente hai tanta paura

della morte

come quando nelle tue mani

l’amore

diventa lo scettro
del potere terreno.

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