Comunione e Liberazione, atto II, set all'estero

F. ha letto il mio post. E subito mi ha scritto su facebook questo suo racconto, la sua esperienza irlandese, a Dublino. CL arriva anche lì, ma ormai non ce ne stupiamo. Eppure io mi indigno sempre, è più forte di me. Non mi indigno per tutte le cose ingiuste, ma solo per alcune. O meglio: per alcune mi viene molto meglio.
Odio i crimini legalizzati, le mafie travestite, l'ipocrisia vista e fatta passare. Oh, ma quanto puzzano di vecchio certe cose. Tutti vedono, tutti possono parlare, pochi lo fanno, niente cambia. Mi ricorda il medioevo. E dal medioevo un sacco di gente spedisce ancora souvenir.

Marzo. Parto con un progetto organizzato dall’Università e arriviamo in questa scuola di lingue. Veniamo accolti da un gruppo di italiani che la prima sera, al pub, ci fanno l'interrogatorio, e poi scatta la domanda "sei del "movimento"? "No. E ne voglio stare alla larga." "Bene, sappi che il direttore di questa scuola è del movimento e qui lo siamo tutti". Da quel giorno ho evitato gli italiani come la peste, cosa che avrei comunque fatto. Schifoso. Torno a maggio, per cercar lavoro e incontro di nuovo una ragazza di quel gruppo e mi fa: "Senti, se vuoi lavoro io conosco il direttore di *** (una catena prestigiosa di bar/ristorante/cioccolateria), se vuoi posso metterci una buona parola ma tu devi dire che frequenti il movimento, vedrai che ti prendono" ."No grazie, faccio da sola". Il punto è che io lì avevo già mandato un CV e mi avevano contattato per un colloquio. Ma ero ignara del fatto che fossero ciellini. Bene, dopo l'incontro con quella ragazza mi è arrivata una mail che diceva che non erano più interessati. Coincidenze? Lei, ciellina, lavorava per loro. Tutti gli altri ciellini della scuola lavoravano lì, e il mio inglese è anni luce più avanti del loro. Roba che nemmeno riuscivano a capire le ordinazioni. E quando un ciellino tornava in Italia, lui stesso nominava il suo sostituto. Ovviamente ciellino. E così ho dovuto optare per ***, prendere 7 euro all'ora invece di 11, fare orari impossibili in un ambiente sporco e poco sicuro, coi fili scoperti sotto il bancone e le scale del magazzino piene di rifiuti che non riuscivi a passare quando dovevi portar giù le casse d'acqua o delle bibite, o i cartoni delle sigarette. Ma il punto non è questo, ho amato quel lavoro anche se a volte mi hanno trattata proprio male: l'ho amato e mi ha permesso di passare i mesi più felici della mia vita fino ad oggi, e di imparare cose sulla vita, e su di me, che mai avrei scoperto. La cosa che mi fa incazzare è che per tirarti dentro nel giro, ti tentano come il demonio quando sei vulnerabile e in difficoltà. E io, appena arrivata in Irlanda, senza una casa, coi soldi contati e un pacco di CV e tante speranze, porca miseria, vulnerabile lo ero proprio. Coglioni.

(F.)

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