L'amore del non appartenere

Era molto che non facevo il segno di croce. Altre volte, recentemente, mi ero trovato nella situazione di poterlo e forse di volerlo anche fare, ma ha sempre vinto la mia ostinazione, il mio impormi una certa coerenza di spirito e idee. Oggi, invece, davanti alla televisione, nel momento in cui il nuovo papa Francesco benediceva il mondo intero offrendo l'indulgenza plenaria (un bonus a cui non credo, mi sa tanto di videogioco in cui se sei bravo a passare lo schema ti regalano le vite che avevi perso), l'ho fatto di sfuggita, senza farmi vedere. Mi sono chiesto perché, se si trattasse di semplice suggestione mediatica o che altro. Di sicuro c'era anche quella, non ne ho dubbi. Ma i pensieri mi si erano già mossi prima, in quei minuti trascorsi tra la fumata bianca, l'annuncio dell'habemus papam e la comparsa del nuovo uomo vestito di bianco. E mi ero scoperto a pensare che cosa grandiosa fosse, questa, di un mondo intero attento a un balcone, a una città, a un puntino che ne diventa per un momento il centro. La piazza stracolma di persone, giunte lì per tanti motivi diversi. Ebbene, che cosa grande dev'essere questa fede, mi sono detto. Cosa può fare. Cosa può regalarci. La speranza. E insieme ho pensato a quale grande occasione è da sempre nelle mani della Chiesa: poter essere così sinceramente portatrice di speranza, di positività, di umanità. Mi sono chiesto anche dove stiano tutte le cose che non sopporto, di questa Chiesa, prima fra tutte il proselitismo. Come sarebbe indovinato, se ogni religione facesse a meno del proselitismo, se accettasse di esistere anche fino a quando dovesse rimanere con un solo credente. E spogliarsi, restare completamente nuda ammettendo ogni errore, ogni sbaglio, ogni silenzio, ogni verità sconfessata. Lì, con uno solo, rimasto a credere nella cosa più pura e utile a cui un essere umano possa mai aggrapparsi.


Un uomo è comparso sul balcone di San Pietro. Il cardinale francese Tauran. La sua fretta nel dire, una certa difficoltà a parlare, data dagli anni e dalla malattia. Mi ha commosso forse più delle parole del nuovo Papa. E poi, finalmente, questo cardinale argentino. Un nome nostro, Francesco. Ha parlato, ha detto bene, dirà altre cose. 

In cuor mio so che poco cambierà. Siamo tutti ansiosi di cambiamento. Vogliamo un Parlamento nuovo che finalmente sappia governare, un Papa nuovo che cambi il mondo (ma come?), vogliamo una vita diversa, migliore, ci stringiamo attorno alle immagini, ai corpi, alle voci che per un istante ce ne diano l'illusione. L'uomo sarà sempre uomo. Il mondo sempre mondo. Ci viene dato di assistere a un mutamento che c'è sempre e c'è a priori, secondo il disegno delle cose. Eppure, nonostante tutto, vedo l'uomo prima ancora di Dio. 
Due uomini ho incontrato stasera, che mi hanno trasmesso qualcosa che non so dire. E' come se per un attimo, nei loro limiti, avessi percepito l'uomo quando è al di là del bene (paradiso, santità, Gesù, la Madonna e quello che volete voi) e del male (la ricchezza, il potere, i pedofili e quello che volete voi).
Continuo a non sopportare l'anticlericalismo a priori. E il clericalismo a priori. Continuo a non voler credere che il Papa è sempre santo, i preti buoni, così come continuo a non voler credere che il Papa è sempre un ladro, i preti pedofili, e così via. Provo tristezza nei confronti di chi questa sera, dopo due minuti dall'elezione, già scriveva che Bergoglio ha qualche scheletro nell'armadio. E proverò tristezza di fronte a chi darà ragione a Bergoglio quando fra non molto, salvo miracoli, pronuncerà parole contro l'opportunità di riconoscere a due uomini o a due donne di amarsi e di sposarsi, contro il diritto di ogni uomo di decidere della propria fine. 
E' dentro questo non-schierarsi che vorrei trovare questa sera, anche in me, l'amore. Pur ammettendo, certo, il mio rammarico di non sentirmi parte, di non appartenere. Il che mi fa sentire solo, ma buono.
Ecco, come al solito mi si sono complicati i pensieri. Solo per dire che vado avanti a non credere, ma un po' meglio. E forse un po' meno.

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